Gli anni ‘40, gli anni della Guerra e del
dopoguerra sono stati degli anni molto difficili per le popolazioni coinvolte
nel conflitto mondiale, per ovvie ragioni di scarsità di prodotti alimentari,
risorse di energia, vestiario, ecc. E, come in quasi tutti i paesi europei, su
questi prodotti vigeva un razionamento, cioè ad ogni persona spettava un tot di
cibo alla settimana (e niente più). Nonostante il razionamento fosse
ritenuto essere il minimo indispensabile per il fabbisogno di un individuo, la
mancanza di un sovrappiù rendeva difficile l’adeguamento della gente ad
un’austerità appesantita dall'angoscia del conflitto e del
coinvolgimento dei propri cari in prima linea. Ciononostante, come si sa,
necessità fa virtù, ed è proprio in questi casi che le soluzioni più disparate
vengono fuori con non poca creatività, capacità e ingegno. Ed è questo quello
che rende interessante* questo periodo… come hanno fatto a vivere con così
poco?
Prosciutto 227 g
Zucchero 454 g
Tè sfuso 113 g
Carne 540 g (le salsicce furono
razionante solo per un paio d’anni, ma comunque la carne per farle era così
scarsa che spesso contenevano un’alta quantità di pane)
Formaggio 227 g
Conserve 0,45 kg al mese
Burro 227 g
Margarina 340 g
Lardo 85 g
Dolci 454 g (caramelle immagino)
Uova 1 (a seconda della disponibilità)
Latte in polvere 1 tazza ogni 8
settimane, ma venivano dati da 1 a 2 litri alla settimana a donne incinte e ai bambini.
In Inghilterra non tutti i cibi erano
razionati: la verdura e la farina per esempio non lo erano, e i contadini
quindi erano in vantaggio rispetto agli abitanti delle città. Fu proprio in
questo periodo infatti, che il governo incentivò la creazione dei cosiddetti
“Victory Gardens” (giardini della vittoria), ovvero il trasformare i
giardinetti e le aiuole davanti a casa in veri e propri orti, allo scopo di
poter coltivare ortaggi per integrare il regime alimentare. Questa iniziativa,
che divenne famosa anche in altri paesi europei, in Italia e anche in America,
aveva l'obiettivo di far risparmiare al governo non poco denaro, e di
permettergli di concentrarsi economicamente in altri affari urgenti del
momento. Ma per la popolazione, per chi ci riuscì e ne ebbe l’occasione, fu una
fortuna incredibile, e contribuì a combattere la fame di quegli anni.
A proposito del razionamento, esistono
dei libri di cucina inglese di ricette che usano i cibi razionati dell’epoca
creando dei piatti molto frugali. Uno di questi è per esempio il Woolton
Pie, una sorta di torta rustica con una base di patate, e per nominarne altri
il Carrot Cake, una torta di carote, buona per la scarsità di farina e
zucchero, Wartime Turnover, fagotti di pane ripieni di
verdura, Corned Beef Fritters, polpette di carne in scatola, e
dolci fatti con il pane raffermo come il Bread Pudding.
C’è un blog di una donna che usa il
razionamento della seconda guerra mondiale come dieta, e anche per risparmiare
sul cibo. È interessantissimo e ci sono varie ricette dell’epoca prese da
alcuni libri di cucina inglese degli anni ‘40. Per chi fosse curioso clicchi
pure qui.
Non solo il cibo era razionato. I
vestiti, per esempio, si potevano comprare con un tot numero di punti, che però
variavano, anzi diminuivano da anno in anno, lasciando la popolazione quasi
priva del necessario. Una volta ho visto un video di donne che durante la
guerra, usavano sfilare un maglione, per ricavarci la lana e ne rifacevano uno
o due per i bambini. Per far questo, lavavano la lana ricavata, la tiravano
avvolgendola sulla sponda di una sedia e la rilavoravano. Anche altri vestiti
smessi si trasformavano in nuovi capi, da camicie a vestiti per bambina, da
canovacci a magliette, da pantaloni a gonne.
Altre cose razionate erano il sapone,
sia per la pulizia personale che per il bucato, il carbone e naturalmente e la
carta.
Anche in Italia la dieta era molto
ristretta a quel tempo, ma anche qui troviamo pietanze simili a ciò che
mangiamo oggi, ma preparate in modo più frugale, come pasta, minestre, stufati
vari, per lo più di verdura. Si utilizzava tutto il possibile come le bucce di
patate e di altre verdure, i baccelli dei legumi, le interiora del pollo, il
grasso di carne veniva conservato e le croste di pane raffermo venivano
utilizzate per fare varie cose.
Mia nonna, che ora non c’è più, mi
diceva di questo periodo, principalmente, che “c’era una gran fame”. Mi
dispiace di non poter chiederle di più ora, ma sapendo com’era lei dopo, una
donna che non buttava via niente, dal bottone alla tazzina sbeccata, e che il
frigo era pieno di avanzi che dovevano assolutamente essere mangiati al pasto
successivo o trasformati o riutilizzati in chissà cosa ancora, so che questo
periodo deve averle dato una forte impronta, come del resto a tutti coloro che
l’anno vissuto.
E noi invece possiamo anche adesso
imparare tantissimo da queste pratiche, non così lontane dai nostri giorni, e
cominciare a non sprecare più…
* Dopo aver riletto quello che ho
scritto, un articolo su un periodo storico abbastanza pesante, questo
aggettivo, interessante, mi sembra un po' fuori luogo. Quello che
voglio dire è che il mio interesse per alcune situazioni del passato, in cui la
gente abbia dovuto vivere in ristrettezze, per un motivo o per un altro, non
vuole essere espressione di mancanza di rispetto per la sofferenza vissuta da
molti in quei periodi, o di superficialità riguardo a questioni del passato
così gravose. Al contrario, io penso che facendo tesoro di queste esperienze,
si potrebbe oggi valutare la vita in un altro modo, più semplicemente, avvicinandosi
di più a quei valori di una volta, che questa èra consumistica ha purtroppo
soffocato.
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